Qualche anno fa, feci per la prima volta una visita
alla tiroide. Non avevo sintomi che lasciassero immaginare qualche mal
funzionamento della ghiandola, semplicemente il medico nel visitarmi per un
normalissimo mal di gola mi consigliò questo tipo di visita. D'altronde un
controllo era comunque messo in programma, in quanto gli squilibri della
tiroide possono essere ereditari. E’ stato così che, durante una visita
specialistica, scoprii che da quel momento la pasticca per la tiroide sarebbe
stata imprescindibile. Rimasi perplessa perché il concetto del per sempre (e soprattutto del tutte le mattine della mia vita) mi
turba in qualunque ambito lo si applichi. In ogni caso, non trattandosi di una
scelta, poco c’era da fare. Ormai ci ho fatto l’abitudine però lì per lì mal lo
digerii.
Qualche giorno fa, tuttavia, mi è capitato di leggere
un articolo in cui un medico, schiavo da anni della pasticca che regola il
funzionamento della tiroide, ha deciso di curarsi in modo naturale e, in
particolare, con l’alimentazione. E ci è riuscito perchè il funzionamento della
sua ghiandola è tornato ad essere normale. La sua esperienza mi ha incuriosita
molto, tuttavia credo che i rimedi “naturali” non sempre possano produrre
efficaci risultati e riescano a contrastare qualcosa che in realtà è
ereditario e non dipende da deficienze alimentari. Perché la mia alterazione è ereditaria.
Frequentavo il secondo anno del liceo quando mio padre
venne operato. Delle analisi avevano lanciato il campanello d’allarme
e i successivi accertamenti non lasciarono spazio a dubbi: un tumore alla tiroide rendeva urgente l'esportazione della ghiandola. Me lo ricordo come se fosse ieri il giorno prima
della sua operazione, perché l’immagine di quel suo gesto è così nitida nella
mia mente che nel riguardarla provo ancora la sensazione di smarrimento e di paura vissuta quella sera. Era sdraiato nel letto quando lo andai a
salutare e lui nell’abbracciarmi si tolse la collana che porta sempre al collo
e me la mise tra le mani, senza dire nulla. Ma io capii tutto, in quel silenzio compresi perfettamente il rischio dell’operazione. L’indomani andai in ospedale, l'intervento era
riuscito e potevo entrare in clinica. Partii da casa con dei fiori che raccolsi
velocemente in giardino e che misi in una bottiglietta d’acqua tagliata a metà.
Entrai nella sua stanza e quando mi vide iniziò a piangere come un bambino, come
mai l’ho visto fare altre volte. Mi avvicinai e per un attimo rimasi di
ghiaccio nell’osservare il grande cerotto che nascondeva quel taglio sulla gola
che per mesi non mi permise di rimettergli la sua collana.